I GRANDI PROGETTI NELL’OASI
Il Parco Visconteo (1365- c. 1525), il primo in Europa in epoca moderna, era dedicato alla caccia, soprattutto a quella con i falchi e alla vita cortese, ma testimoniava interesse per la natura, volontà di sperimentare tecniche di gestione del territorio, anche per il progresso dell’agricoltura e dell’allevamento. Con le distruzioni avvenute durante la Battaglia di Pavia, combattuta entro i suoi confini, e la fine della dominazione della dinastia sforzesca, il Parco, pur mantenuto formalmente in vita, di fatto fu abbandonato. La ciclopica cinta muraria che lo racchiudeva e lo difendeva, servì da cava di mattoni per i villaggi che, con il tempo, furono costruiti al suo interno. Oggi, con l’eccezione di quanto resta del cosiddetto Castello di Mirabello (in realtà una villa), non vi sono quasi più tracce visibili del Parco.
Il castello di Sant’Alessio era, nel XV secolo, residenza dei nobili Beccaria che, probabilmente, la usavano come casa di caccia proprio per la vicinanza al Parco.
L’Oasi di Sant’Alessio è nata nel 1973, in origine con il solo intento di allevare e reintrodurre in natura specie animali a rischio. Per casuale e non pensata affinità di intenti, il progetto si è evoluto e l’Oasi ha finito per assomigliare molto a ciò che il Parco era nei suoi tempi d’oro. A parte che, ovviamente, non vi si pratica nessun tipo di caccia.
Tuttavia, la nostra passata esperienza nel campo della falconeria, ci ha insegnato che la popolarità di quest’arte fra le più grandi menti del passato era dovuta al suo essere, prima che caccia, messa in scena di uno dei più straordinari spettacoli naturali: l’attività venatoria dei falchi, ricreata per l’uso dell’uomo.
La moderna arte della falconeria consente di restituire alla natura alcuni falchi feriti, verificandone lo stato fisico e restituendogli l’allenamento, dopo la degenza. Come corollario, si può mostrare gran parte di questi meravigliosi comportamenti animali, senza che vi sia predazione.
I visitatori dell’Oasi possono quindi, in certi giorni e in certe stagioni, assistere a dimostrazioni delle tecniche falconieristiche, osservare da vicino esemplari guariti o esemplari nati in cattività che servono per la preparazione degli addetti alle pratiche del “recupero”.
Esattamente –o quasi- come facevano quotidianamente i Visconti e i loro cortigiani.
I documenti ci dicono che il Parco era arricchito da peschiere che ospitavano esemplari rari e giganteschi. Che i boschi erano costituiti da piante esotiche e meravigliose, portate da tutto il mondo conosciuto. Che le voliere erano affollate da uccelli variopinti.
Che i cervi e i caprioli scorrazzavano liberi nel paesaggio.
Questa è anche l’Oasi. Qui e oggi.
Un giorno –forse- il Parco rivivrà nei luoghi dove stava mezzo millennio fa. Come hanno fatto a Torino con la reggia della Venaria.
Nell’attesa, a meno di un chilometro dagli antichi confini, ne sorge una replica in scala ridotta, ma con molte, se non tutte, delle caratteristiche dell’esempio maggiore.