AVVOLTOIO DEGLI AGNELLI, GIPETO

AVVOLTOIO DEGLI AGNELLI, GIPETO - GYPAETUS BARBATUS

Distribuzione e habitat: catene montuose di Europa, Asia e Africa. Stanziale.

Abitudini: si ciba di carcasse, possibilmente fresche, di mammiferi, uccelli, generalmente dopo gli altri avvoltoi; nei Paesi caldi, spesso anche di tartarughe,. Si è quindi specializzato nell’utilizzo delle ossa, che, se non può ingoiarle intere, porta in volo (v. l’immagine) e lascia cadere su particolari rocce (“incudini”), affinché si rompano, esponendo il midollo. Poi insegue l’osso, in picchiata, per trovarne più agevolmente i frammenti. Il comportamento può essere ripetuto molte volte –spesso venti, ma anche cinquanta- fino alla riuscita.

In qualche caso arriva a predare animali vivi, solitamente feriti o malati, anche spingendoli con un colpo d’ala verso un precipizio.

Riproduzione: nidifica in caverne su pareti di roccia.

 

Depone 1-2 uova, fra gennaio e marzo. Covano entrambi i genitori, per 55-60 giorni. I piccoli lasciano il nido a c. 4 mesi.

Particolarità: Secondo le testimonianze dell’epoca, il grande drammaturgo greco Eschilo morì colpito da una tartaruga lasciata cadere da un’aquila in volo. Certamente non fu un’aquila ma un Gipeto, che spesso si ciba di tartarughe che uccide così.

Conservazione del Gipeto: in Asia il Gipeto ha un ottimo rapporto con l’uomo, tanto da vivere spesso ai margini dei villaggi, in stato semidomestico. In Europa –ma non in Sardegna- invece è stato perseguitato fin dal XVIII secolo, nell’errata convinzione che predasse animali domestici: già nell’800 era rarissimo e l’ultimo esemplare delle Alpi fu ucciso in val di Rhèmes nel 1913.

Nel 1925 Max von Frisch, fondatore con Lorenz della scienza etologica, ne caldeggiava già la reintroduzione, ma si dovette attendere l’attuale dopoguerra perché Ellen Thaler dello zoo di Innsbruck mettesse a punto una valida tecnica di allevamento, ora perfezionata da Hans Frey. Nel 1978 fu costituita la Fondazione per la conservazione del Gipeto, anche presieduta per alcuni anni dal noto ornitologo Paolo Fasce.

Nel 1986 furono rilasciati i primi esemplari, tutti nati in cattività. Le Alpi ne ospitano ora (2016) 37 coppie nidificanti, popolazione reputata autosufficiente. I rilasci comunque continuano, anche in attesa di nuove iniziative a Creta e in Sardegna.

La reintroduzione del Gipeto nelle Alpi è il maggior successo italiano, insieme con quello della Cicogna bianca, in questo campo. L’Oasi partecipa all’iniziativa, ma, oltre agli esemplari della Fondazione, ne sta raccogliendo altri, come quello ospitato in questa voliera, per arricchire il troppo modesto patrimonio genetico attuale.