PECORE DI OUESSANT

L'Oasi delle pecore nere

La piccola isola di Ouessant (si pronuncia Uessàn, Eusa in Breto-ne, un’antica lingua celtica) si trova a quindici miglia dal-l’estrema punta della Bretagna. Il mare intorno, forse il più pericoloso e fra i più navigati del mondo, è flagellato da violente tempeste, da correnti impetuose, da maree altissime, e da centinaia di scogli semisommersi. Per secoli, la popolazione, isolata dal mondo, si è aggirata fra le 1.200 e le 2.500 persone. Nonostante queste difficoltà, Ouessant è abitata da quattromila anni. Quasi impossibile la pesca, la sola professione accessibile agli uomini era l’arruolamento nelle marine –mercantile e militare- francesi, mentre le donne, vedove forzate per anni alla volta e spesso per sempre, sopravvivevano praticando una misera agricoltura. I pochi centimetri di profondità del suolo (poco) fertile e l’esiguità del territorio (1500 ettari, comprese le scogliere) limitavano alla sola sussistenza anche questa possibilità: ci si scaldava coi torsoli essiccati dei cavoli e si cucinava bruciando radici miste al loro terriccio torboso. L’allevamento comprendeva un maiale e una mucca per famiglia, qualche raro cavallo per i lavori agricoli e soprattutto le pecore. Queste ultime, selezionate per millenni dalla magra pastu-ra di eriche, ginestroni (Ulex europaeus, un arbusto spinoso), licheni e felci, sono gradualmente diventate nane: un feno-meno ben noto e frequente tra i mammiferi che popo-lano ambienti isolati. Forse per utilizzare al meglio il raro sole invernale, molte si sono, con il tempo, anche “colorate” di nero. All’inizio del ‘900, una timida apertura ai mercati continentali indusse le isolane a sostituire le antiche pecore con quelle della razza merino, dalla lana più pregiata. La pecora di Ouessant è oggi estinta sull’isola e lo sarebbe in assoluto se qualche appassionato di quello che è uno dei luoghi più affascinanti a amati d’Europa, non se ne fosse procurate per tempo alcune e non le avesse amorevolmente riprodotte. Stregati anche noi dell’Oasi –e da più generazioni- da questa straordinaria isola, non abbiamo certo voluto esimerci dall’accogliere qual-che esemplare di questi dolcissimi animali, la cui sopravvivenza, come razza, è legata alle cure degli appas-sionati. Due per adesso. Ma aumenteranno!